giovedì 7 maggio 2015

Cambridge calling: host & lost

Otto settimane in Inghilterra.









L'impiegato non sapeva, che insieme alla nuova definizione amministrativa, mi avrebbe consegnato anche il biglietto per Cambridge.


Ed eccomi qua, firmato documenti, preso aereo (sigh! punto debole), frequentato lezioni di inglese ogni giorno per cinque giorni a settimana e scoperto un angolo di Inghilterra, abitudini, usi e costumi.
Questa è la mia ultima settimana, l'ottava, ed ho scoperto un'infinità di cose. Molte persone che conosco erano già state in Inghilterra e mi hanno raccontato le loro storie, ma come sempre ogni storia ha una sua prospettiva, ed infine, ho conquistato la mia.

Tengo memoria nel blog di questi giorni, non sono legati al romanzo (in parte però è presente anche lui), quindi se non interessa cambiate canale.

Sistemata per bene. Dove si dorme e si mangia? Nella host family! Modo efficace e non costoso per la scuola di sistemare lo studente, modo efficace per la famiglia di arrotondare il reddito. Tutti felici e contenti? A volte, ma non sempre. Nel mio caso la prima famiglia era (ed è ancora) situata in un sobborgo sperduto in mezzo alla campagna, dove il mio mezzo di trasporto, il bus, non fermava. Eh già! L'autobus non ferma dove ci sono le abitazioni, ma nella strada principale (per dirla con i nostri termini una statale) e per arrivare a casa? A piedi ovviamente. Una cosa è certa, adoro camminare per scelta, un po' meno di sera al buio, insieme a vento, pioggia e nebbia, nella desolata panoramica campagna inglese, Ogni volta che l'autobus arrivava la sera, speravo che per magia girasse a sinistra e si inoltrasse nel micro centro abitato, come farebbe da noi, ma niente da fare. Si fermava lì, proprio lì...nel nulla. La foto è di fine marzo, mattina, gradi: cinque (forse meno)

Il villaggio si componeva (e si compone) di casette tutte meticolosamente uguali, davvero belle, ma con un effetto Truman show abbastanza straniante. Più di qualche sera mi sono fermata davanti ad una porta che non era quella della mia famiglia-ospite, convinta di essere arrivata, per fortuna guardavo con attenzione i dettagli della casetta, prima di avventurarmi in qualsiasi operazione di apertura. In Italia le casette sono tutte armoniosamente
disuguali, vagamente individualiste e personali, qui, invece, nelle zone residenziali non elitarie, sono tutte uguali. Il paesaggio insegna: l'uniformità come regola urbanistica ed esistenziale, distinguersi? Meglio uniforme, regolare, uguale. Bello? Certamente, nella sua prospettiva.

Abitudini, usi, costumi...purtroppo o meno male, a seconda della prospettiva, I come from Italy, patria del "adesso cucino!" "cosa si mangia di buono oggi?", Qui cambia, mangiare, almeno nella mia esperienza, è un modo di consumare dei prodotti che servono a fornire il carburante per andare avanti. Precotto e mangiato, pronto e servito, tutto in minuti contati con attenzione e parole unte di condimento. Vita beige, cibo beige e soprattutto niente tovaglioli! Una sconfortante assenza di tovaglioli, il mio punto di domanda a tavola, dove sono i tovaglioli? Quelli di carta, sì proprio quelli, niente, nulla, assenti. Vale lo sbrodolamento e il bicchiere con aloni. Qui vale! La foto è quella del panino di un pub molto famoso di Cambridge, burger non proprio esaltante (lì i tovaglioli c'erano, a richiesta).

Scritto troppo per una paginetta blog...quindi alla prossima...pensate a me con il bicchiere d'acqua, il pesce impanato surgelato e messo in forno assieme alle patate gemelle surgelate e simpaticamente bruciacchiate, insieme a piselli bolliti senza condimento e senza sale ma con burro spalmabile a parte spalmabile su tutto...oh piatto di pasta! Sono troppo italiana, non c'è niente da fare!





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