giovedì 29 dicembre 2016

2016



Quante vie ho aperto quest'anno? Quante persone ho conosciuto? Persone dentro organizzazioni semplici e complesse, condottieri senza condotta, persone di classe, persone in classe, donne che combattono, bambini di diverse nazionalità, gente che scrive come me, gente che pubblica, persone che leggono e che mi leggono, gente che sta su un palcoscenico...ecco servito un piccolo riassunto delle storie incontrate e vissute in questo 2016. 




IN CASO DI TRISTEZZA ROMPERE LO SCHEMA

Porcapaletta, è vero, mi è sempre mancato un po' di febbraio nella vita, compenso mettendomi le orecchie. Anno 2016 cercando una prospettiva chiara (non ancora trovata), facendo sempre i conti tra quello che costruisco nella testa e quella mescola densa della realtà. Ed era solo febbraio,





PRIMAVERA, ANCHE I SOGNI SBOCCIANO

Quanti invii ho fatto per il romanzo? Boh? Poi tra le tante email una di risposta. Una, quella buona. Marzo pazzerello prendi il sole e incontra Editore Echos, nella persona di Marco. Incontro e stampa e promessa.
Fine del selfpublishing e arrivo editore vero! Anche i sogni fioriscono.





DAI SOGNI ALLA REALTA' E VICEVERSA


Perché bisogna crederlo, le cose accadono. Chi l'avrebbe mai detto? Nel 2007 l'ho finito e lasciato lì, nel 2014 l'ho ripreso in mano e autopubblicato, e poi, 2016 arriva l'editore e mi ritrovo al Salone a Torino.







NO ONE

Visto che nelle occupazioni come fonte di reddito ho sempre avuto un po' di incertezza su che strada prendere, ecco, nel dubbio, quest'anno le ho prese tutte. Pensa e ripensa e scrivi per imprese di qui all'estero, parole, idee, frasi, valore stimato a tutte quelle ore di pensiero? Dato non pervenuto.  No strategia, no parti...nel senso che proprio non sono partita, ho scritto una storia che prima non c'era, confezionata a dovere e mi sono tenuta nelle retrovie, talmente nelle retrovie che sono scomparsa dalle rotte di tutti gli umani che contavano (in quel momento).


NELL'ISOLA CHE C'E'



Bimbi, di nuovo insieme a loro dopo cinque anni. Intrattenere e organizzare, per lo più mi sono divertita e come sempre, mi trovo a dire che ho un talento naturale, quanto mai nascosto, anche a me stessa.


 CLASSI DI CLASSE


Quella che insegna...proprio non mi trovo nella definizione, Formare, parola scelta per l'insegnamento agli adulti. Dare forma, proprio non mi piace. Quale frase allora? Non lo so. Quest'anno ho imparato molto dalle persone che avevo in classe.

Ho imparato la volontà nell'imparare da grandi, la dignità di essere in difficoltà e di stare a testa alta, di mediare e di riuscirci insieme, di ricevere critiche senza buttarmi giù, di ricevere complimenti e di accertarli, di vedere negli sguardi delle persone in classe le mie stesse paure e le mie stesse speranze, grazie.


DILLO CON LE PAROLE DEGLI ALTRI


M come Marketing, N come Narrazione. Si tratta di raccontare una storia, quella dell'azienda, della sua gente, della sua vita, di raccontare cosa si fa e come lo si fa, qual è la qualità specifica o le qualità. Come se fosse una persona, sperando che la qualità conti qualcosina di più della cassa. Cosa ci rende unici e diversi dagli altri? Non è sempre e solo una questione di calcoli. Feel, think, sense, act, relate. Scoprire cosa c'è da raccontare e dirlo con parole loro, le mie, in questo caso contano davvero poco.





DUELLO SPAZIALE

Sembra l'immagine di uno dei set di guerre stellari. Se virassi un po' i colori, mancherebbero solo le truppe imperiali alle porte. Al momento è così che mi sento, come una protagonista di Star Wars, diciamo una specie di C-3PO con meno byte. Peccato che l'impero colpisca ancora dentro me.


SINDACO FOR ONE DAY
Ho cercato di fare del mio meglio (per Pat e Paolo)











e infine, JOY FOR ME AND EVERYONE.


Questa è la mia faccia, fotografata esattamente a Torino a maggio, quella di una che avrà, a breve, cinquanta meno due e farà i salti di gioia. Non potrò mai essere grande davvero, so essere responsabile, molto, ma non grande davvero. C'è un gene, me lo hai dato tu e niente lo porterà via, Porto a termine i compiti con serietà e cerco storie come fossero stelle comete.



2017 CIFRA FANTASTICA


Abbandonato il secondo romanzo a circa un terzo della corsa, sono andata subito sul terzo e sono a due terzi dalla conclusione che arriverà, spero a breve, ma questa è un'altra storia...ci vediamo nel 2017, enjoy your time.

MESSAGGI RACCOLTI COME UN FIORE

Siamo stanchi di diventare giovani seri o stanchi per forza, o criminali, o nevrotici: vogliamo ridere essere innocenti, aspettare qualcosa dalla vita, chiedere, ignorare. Non vogliamo essere subito già così, senza sogni. P.Pasolini.

Passeggiando sempre e comunque, estate, inverno, sempre, fotografo scritte e impressioni. Questo cartello con la scritta che ho riportato sopra è stato posizionato su un aiuola a duecento metri da casa mia. Perché? Chi lo sa? Comunque, carissimo o carissima che hai scelto la frase e piantato il cartello, mi piaci.

venerdì 16 dicembre 2016

Racconto di Natale 2016




Puzzle di Natale

Ho aperto un occhio, uno solo, il secondo era incollato alla notte. Non mi ricordavo che quel giorno sarebbe arrivato. Non c’erano altri letti singoli accanto al mio, né nella stanza vicina. Solo quel letto grande dall' altra parte della mia porta.

Quella mattina dalla stanza del letto grande non c’erano movimenti, domenica era un giorno silenzioso. Mettevo le ciabatte sempre nello stesso posto per infilarle velocemente. I miei piedi nudi sentivano il freddo appena uscivo dalle coperte. Quel quasi inverno ghiacciato mi piaceva, avevo sempre voglia di sprofondare nel bianco.
Correvo attraverso il corridoio. I miei dormivano ancora. La cucina era buia, con le tapparelle abbassate. Volevo scoprire il fuori del mio giorno di festa. Dopo la messa, dopo il pranzo.

Le ore passavano troppo lentamente, quei gesti piccoli per arrivare al mio piccolo evento. Uscivo di corsa, senza che nessuno mi seguisse, percorrevo la strada di sassi fino in fondo, sempre e solo di corsa.
Gli alberi radi dei campi spogli erano la mia direzione. Infilavo le mani nella terra umida e strappavo tutte le piccole ciocche, come capelli bagnati. L’odore era Natale. Ricomponevo i pezzi a casa con papà. Come un puzzle tutto verde cercavo di sistemare tutte le piccole fessure. Appoggiavamo la plastica immobile, lo specchio, la luce elettrica e mandarini, noci, noccioline. Nessuno li mangiava fino all’Epifania.

Nelle case vicine componevano la stessa rappresentazione con teli e stelline, ma nessuno ci metteva la frutta. Solo noi, in tutto il vicinato, in tutto il paese, e per me, in quel momento, in tutto il mondo. Era la composizione unica, in un’unica casa.

C’era una scadenza, ogni anno, un altro puzzle da ricomporre. Un’altra mattina fredda di domenica in cui svegliarsi aspettando il pomeriggio. Non sapevo che c’era sempre un ma, nel tempo che scorre.
Il ma è in quei pezzi di plastica persi, man mano che cambiavamo casa, che cambiavamo vita, scatole su scatole ammucchiate e lasciate chissà dove. Ad un certo punto ci sono stati solo alberi.

In una domenica poco prima dell’inverno, come questa, ho cercato di ricordare quell'odore e ogni respiro era troppo lontano, lasciato nel passato. In questa città non ci sono campi che portano il ricordo. Sono salito in macchina di corsa, ho chiamato la mia ragazza con una giustificazione per il ritardo. Era importante che il viaggio fosse solo mio, non c’era spazio per nessun altro. Un viaggio di un’ora, dalla piccola città all’aperta campagna.
Sono sceso, mi sono diretto verso un gruppo di alberi in mezzo a campi spogli.  Mi sono seduto, le mie mani hanno raccolto un pezzettino di verde. L’aria attorno a me si è riempita, e in un attimo, ho respirato il Natale.




Dopo tanto tempo.

L'immagine può contenere: una o più persone, persone sedute e spazio al chiusoL'immagine può contenere: 2 persone, salotto e spazio al chiuso

Quanto tempo è passato? Veramente tanto! Nel frattempo ho presentato il romanzo. Sono andata avanti con il terzo (perché il secondo l'ho lasciato lì dov'era) e prossimamente dedicherò un post proprio lui, il terzo che è diventato il secondo.

lunedì 9 maggio 2016

Arriva Echos Edizioni


Come in una favola a lieto fine anche il romanzo attraversa la sua fase felice. Echos Edizioni ha scelto di pubblicare il romanzo, una bella notizia e una grande soddisfazione. Oltre a questo, l'editore ha aggiunto un bonus, la presenza al Salone Internazionale del Libro di Torino. Quindi, avrò la possibilità di presentare il romanzo sabato 13 maggio ore 14:00 (l'orario è da confermare) al Salone. Sembra poco? Certo che no! E' proprio una bella storia che continuerò a raccontare.

martedì 8 marzo 2016

Buone novel: i ragazzi di Sarah




Caspita, sono passati più di due mesi dall'ultimo post, come vola il tempo!

Curiosando negli scaffali della letteratura dedicata ai ragazzi mi sono imbattuta nei romanzi di Sarah Dressen. Ho letto nell'ordine "ti dedico una canzone" e "troppo vicino per starti lontano".

I titoli originali in inglese, come spesso accade, mi piacciono di più e li trovo più coerenti con la trama: "Just listen" il primo e "lock and key" il secondo. Mi sembrano abbastanza diversi da quelli scelti dall'editore italiano. Come sempre in Italia tendiamo a semplificare e se i titoli non suonano melensi, sembra che non possano raggiungere il pubblico dei ragazzi. 

Comunque, le trame dei due romanzi sono naturalmente diverse, quello che li accomuna è una scrittura lineare, forse un po' monocorde (sarà la traduzione?) e le storie di silenzi famigliari. Di tutto ciò che si cela dietro al non detto e ai sorrisi. La protagonista di Just listen o Ti dedico una canzone, è una ragazza con due sorelle e una madre con problemi e personalità più grandi dei suoi, o almeno, lei li percepisce tali. Così il suo problema passa in secondo piano, lei resta sullo sfondo per non disturbare. Solo  che il problema è talmente grande da non poter essere ignorato e c'è chi saprà fare una cosa importante "stare solamente ad ascoltare".

La protagonista del secondo romanzo, lock and key o troppo vicino per starti lontano, è più chiusa e isolata della protagonista di Just listen. Una vita che l'ha provata e l'ha disillusa, ma anche qui c'è chi attraverso la pazienza e l'ascolto saprà trovare la chiave per raggiungerla. Letture dalla profonda leggerezza.




mercoledì 9 dicembre 2015

Il gabbiano di Natale



 Ho scritto il biglietto, l’ho appoggiato al davanzale e il vento lo ha soffiato via. Allora ho cambiato tattica, l’ho riscritto e l’ho appeso a quel ramo che hai sistemato, volava insieme alle piccole gemme di vetro che avevi annodato con cura.

  Ti ho osservato strapparlo con un gesto delicato, mi sono scostato dalla tenda, l’ho tirata e ho trattenuto il fiato. Per un secondo o due, poi ho ripreso a guardarti con il foglio tra le mani. Ti attorcigliavi i capelli tra le dita, avrei voluto sentirne il contatto.  Quando hai finito, hai guardato il cielo grigio chiaro, come il riflesso dei tuoi occhi, hai scosso la testa come per trovare una risposta e sei rientrata.

  Attraverso questa strada, bianca, luci intermittenti scandiscono i minuti che mi separano da te. Non ho nessuna brutta copia, cerco di ricordare cosa ho scritto: 
“Ciao, non ci conosciamo, o meglio, non mi conosci. Ti vedo in autobus ogni mattina, ti siedi in fondo. Ti piace osservare fuori, anche se conosci il percorso a memoria. Questo mi piace, mi piaci tu. Non so se mi hai notato, di solito mi infagotto in un angolo. Sono Matteo, quello alto, con lo zainetto nero, con i capelli scompigliati e l’aria assonnata. Scendo ai centri commerciali, lavoro in un piccolo negozio di libri, talmente piccolo che non so quanto resisterà. Intanto ci lavoro. Spero tu sia arrivata fino a questo punto del biglietto. Vorrei vederti. Non darmi del matto, vorrei incontrarti questa sera. Mi piacerebbe fossi lì con me mentre accendono le luci, lo so, fa freddo, ma l’atmosfera è bellissima. A questa sera, spero, Matteo”.

  Credo di aver scritto questo, più o meno, sono un lettore non uno scrittore. Vendo storie per vivere e vivo nelle storie.  Ho la testa poco a terra, amo le nuvole e mi rendo conto ora di  non averle lasciato, il mio numero di telefonino, un’ora o un indirizzo, solo un’indicazione generica. Troppo generica?

  Cammino raso muro, appoggiandomi ogni tanto, gli altri mi sfiorano, hanno intenzioni buone e curiose, i bambini si perdono nelle vetrine. Musica suona tra i miei passi, lei ci sarà lo sento, è un’esploratrice, adora le scoperte, la vedo mettere le valigie nel bagagliaio con un sorriso, torna con un nuovo abito e tanta energia. Resto lì da un anno dietro la finestra della casa di fronte alla sua, mentre lei va e viene, con amici, senza apparente ragazzo fisso, la vedo con i mazzi di fiori che sistema in vasi colorati alle finestre. Parte presto, come me, la mattina, puntuale, ordinata. Non so quale sia la sua professione, la immagino davanti su un palco, cantare. Quanto è probabile che una persona sveglia per una lavoro mattutino sia una cantante? Però mi piace immaginarlo, anche se non conosco il suono della sua voce.

  Mi siedo su una panchina, tanto c’è tempo, tutto il tempo che mi serve, per illudermi, per sperare. Perché non sono coraggioso? Stendo le gambe e so che non sono identiche, questione di centimetri, questione di metri per me. Sei un gabbiano con un’ala spezzata, mamma diceva così. Diceva anche che avrei imparato a volare. Non sapevo ancora cosa fosse una bugia detta a fin di bene.
Adesso lo sai anche tu mamma,  non sono capace di spiccare il volo. Osservo una ragazza da una finestra, su un autobus e non ho avuto la forza di avvicinarmi. Uno stupido bigliettino con un pupazzo di neve e le mie parole basteranno?  Devo fermarmi, per gli altri è normale andare avanti, per me è diverso sono abituato alle pause del mio oscillare.

  Lei si chiama Laura. C’è un piccolo campanello, ho appoggiato le mani sul suo nome molte volte, non ho mai suonato. Trovarla davanti a me, era troppo, così senza preavviso e ho atteso, fino a farmi un regalo. Sarà così?

  Mi rimetto in piedi, reggono e prendo la strada più veloce, dopo il primo chilometro ho sentito la fitta all'anca, mi sono detto almeno questa volta vai, nonostante tutto, Matteo lo storpio non batterà Matteo guerriero. E’ solo un piccolo ma significativo dislivello che mi impedisce di correre, di rimanere in piedi molto a lungo, di passeggiare per chilometri, solo un dislivello che a scuola è costato caro, insulti, prese in giro, a cui mi ero apparentemente abituato.   

  Il tempo tra i banchi è lontano, ma la traccia di quelle frasi è rimasta impressa dentro come incollata al fondo di bottiglia. L’imperfezione fisica, lentamente è diventata un’imperfezione generale, sbagliato, diverso, in questi trenta anni di vita combattuti per restare in piedi. Nessuna relazione semplice per Matteo lo storpio, ma Matteo il guerriero non si arrende e scrive il biglietto a Laura.

 Un passo dopo l’altro, ho superato la soglia consentita, mi fa male, ma è sopportabile, voglio arrivare. Tutto scintilla in questo viale, le stelline appese sui lampioni brillano di brina, un fiocco, il primo. Altra neve. Fiocchi piccoli, resistenti avvolgono la città, la piazza si apre di fronte a me. Mi appoggio ad un muro e riprendo fiato. L’abete spicca in centro circondato da gente. Manca poco, manca lei.

  Mi avvicino, la cerco tra la folla, rumori di voci, di eccitazione dell’attesa, la loro, la mia. Un coro di bambini intona inni noti e dolci. Posso ancora sperare. I minuti passano, le voci aumentano di volume, è giunto il momento, sono solo, senza lei. Le luci dell’albero si accendono e qualcosa si spegne dentro me.

  Non ha capito, non è arrivata, non vuole incontrarmi, non mi conosce perché avrebbe dovuto venire qui? L’ultimo gesto romantico di Matteo il guerriero. Adesso non mi resta che zoppicare verso casa.
Il freddo mi paralizza, la neve sembra più scura, ci avevo contato, avrei potuto  sentire la voce di Laura. Cambierò orario di partenza, posso prendere l’autobus successivo, sono sempre in anticipo al lavoro. Prendevo la stessa corsa di Laura perché cammino lento e apro il negozio senza ansia. Prendo la corsa di Laura perché l’avevo notata e non riuscivo a smettere. Adesso cambierò e non guarderò fuori, tirerò le tende senza aprirle più.

  Cerco di prendere un passo leggero, i piedi strusciano sulla neve fresca, mi allontano lentamente dalla festa. Forse non l’ho vista, forse c’era, forse è solo un’illusione. Mi arrendo, non mi reggo più in piedi, il ritorno prevede un mezzo di trasporto, sono stanco. La sconfitta mi pesa più della mia gamba dolorante. Appoggio la testa al vetro gelido, chiudo gli occhi e cerco di dimenticare il gesto impulsivo.

  Ci vogliono un centinaio di metri per arrivare all'ingresso di casa, cerco di non guardare in direzione delle finestre di Laura. Apro e richiudo. Mi siedo sul divano e apro gli occhi di soprassalto, credo di essermi addormentato. Fuori la luce indica il mattino. Mi preparo, la solita routine, e attendo l’ora del secondo autobus.
Esco, c’è qualcosa di insolito, qualcosa che pende sulla maniglia, annodato ad un nastro rosso un sottile rotolo di carta, un lieve tremolio alla mano mi impedisce di essere veloce nell'aprirlo, conto fino a tre, leggo tutto di un fiato e sorrido. Grazie del regalo.

Buon Natale di cuore a tutti,

Il gabbiano di Natale, un racconto per le feste, di Angela Scalia.